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Milano, 20 giugno 2002

La finanza pubblica del Nord-Est

·         Il risanamento dei conti pubblici nella seconda metà degli anni ‘90 ha comportato un notevole sacrificio, con inevitabili risvolti economici anche a livello regionale. In questo rapporto monografico, partendo dai dati relativi all’aggregato nazionale, si vuole valutare il contributo fornito al risanamento dalle singole aree che compongono il Paese e l’impatto che questo ha avuto su ciascuna di essa.

·         Durante gli anni del risanamento, l’area del Nord Est ha subito un prelievo medio inferiore al resto d’Italia e pari a quello sopportato dal Mezzogiorno, anche se, come dinamica, il prelievo fiscale è aumentato maggiormente nelle regioni del Nord. Mentre la pressione fiscale del Nord-Est è aumentata di circa 1.1 punti percentuali lungo l’intervallo di tempo considerato, quella del Mezzogiorno è diminuita di mezzo punto. Dal punto di vista macroeconomico, in generale al maggiore prelievo nelle aree del Nord è corrisposta una minore performance economica rispetto al Mezzogiorno.

·         Alla luce dell’oramai definita evoluzione in senso federalista della gestione della Pubblica Amministrazione, si è cercato anche di verificare la posizione di ciascuna macroarea dal punto di vista dei conti pubblici, in modo da mettere in evidenza quali potenzialità d’autonomia fiscale esistono tra le aree.

·         Analizzando il caso teorico in cui l’intera spesa pubblica fosse posta a carico delle autonomie locali, emerge che la distribuzione della spesa lungo il territorio nazionale risulta avere una dispersione ampiamente superiore a quanto riscontrato per le entrate. In particolare, la spesa al netto degli interessi delle regioni del Nord è quasi la metà di quella del Mezzogiorno.

Ne consegue un ampio divario tra le regioni in termini di autonomia fiscale, misurata dal rapporto percentuale tra entrate e spese al netto degli interessi. A livello di aree emerge un sovra-dimensionamento delle entrate per il Nord Est e il Nord Ovest e un sostanziale equilibrio per il Centro. Importante rilevare, comunque, come in totale solo sei regioni, tra queste il Veneto e l’Emilia Romagna, presentino un grado di autonomia completo.

·         L’analisi dei conti pubblici delle macroaree è stata  eseguita facendo riferimento sia alle entrate che alle uscite calcolate su base regionale. Poiché non esiste una quantificazione ufficiale del contributo regionale al gettito nazionale, si è provveduto ad operare una “regionalizzazione” delle principali entrate nel periodo 1996-99, mentre per le spese si è utilizzato uno studio della Ragioneria dello Stato.

Questo tipo d’analisi, sebbene suscettibile di miglioramenti nelle quantificazioni, ha fornito comunque una prima indicazione sulle possibili evoluzioni in senso federalista dell’ordinamento statale. A parità di cose, il trasferimento delle funzioni andrebbe a gravare in modo difforme sulle regioni (e più pesantemente, tra l’altro, su quelle con minori risorse teoriche proprie), comportando un aumento dei flussi attuali dei trasferimenti dalle regioni più ricche a quelle più povere - a meno che non si voglia drasticamente tagliare la spesa di alcune regioni - e riducendo l’efficacia dell’impostazione federalista, basata sul concetto di autonomia fiscale, in cui l’equilibrio tra entrate ed uscite proprie costituisce il vincolo per garantire un utilizzo efficiente delle risorse.

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